come vedono i pesci

Di Armando Quazzo

Autore del libro "Fly Tying - il grande libro del costruttore di mosche artificiali (lo trovate qui)

Mettiti nei miei panni” – ci viene spesso detto da chi desidera con ardore che si comprenda la sua particolare situazione. Lo stesso vorrebbe fare il pescatore per capire appieno quali siano le percezioni di un pesce, un essere dotato di un cervello grosso come un pisello, ma valentissimo avversario in grado di surclassare tutte le nostre migliori capacità creative e cognitive, rifiutando sdegnoso un artificiale che al nostro occhio sembra perfetto ed irresistibile.[1]

Non potendo metterci nei panni del pesce, ci dobbiamo basare sui risultati scientifici ed empirici che ci forniscono scienziati e colleghi. Questo tipo di ricerca non ha mai rivestito interessi industriali o strategici fino a quando l’acquacoltura non è diventata un importante tassello dell’industria alimentare globale: solo allora gli ittiologi hanno potuto approfondire il tema della visione del pesce. I maggiori e più approfonditi studi di settore sono stati rivolti all’allevamento del salmone atlantico e pacifico, vero protagonista dell’acquacoltura più redditizia (ed, ahimè, anche maggiormente invasiva dell’habitat naturale dei pochi salmoni selvaggi rimasti).[2]

Ecco alcuni principi che è indispensabile condividere, prima di addentrarci nelle considerazioni connesse alla costruzione delle mosche artificiali ed al loro utilizzo in pesca. L’intensità del colore in acqua cambia al variare di profondità e distanza: a mano a mano che ci si allontana da un oggetto, sia in orizzontale sia in verticale, esso appare sempre più grigio – bluastro. Da ciò discende che un pesce in profondità, salvo non possieda una pila, percepisce colori grigi o blu, anche se la nostra mosca è rosso sgargiante, pertanto, la silhouette ed il movimento sono tanto importanti quanto il colore e la definizione. [3]

Gli occhi di uomini e salmonidi presentano molte analogie morfologiche, ma differiscono per altre non meno importanti. I nostri ci permettono di vedere lontano a riposo, i loro ci vedono da vicino e devono mettere a fuoco se si tratta di guardare lontano. Questa caratteristica ha un fondamento di tipo utilitaristico: nel loro elemento a dieci metri di distanza nulla è percepibile e quindi, a che servirebbe poter mettere a fuoco all’infinito, se a breve distanza non si vede nulla?

Anche la loro retina è munita di recettori simili ai nostri: coni e bastoncini. I primi percepiscono i colori, i secondi l’intensità della luce. Si sa che – quando passiamo da un locale ben illuminato ad un ambiente buio – i nostri occhi impiegano alcuni minuti ad adattarsi all’oscurità: questo effetto è dovuto al passaggio dai coni ai bastoncini (difatti, in un ambiente buio vediamo principalmente le sagome e non il colore). [4]


[1] Il fattore cromatico può essere determinante in svariate tipologie di pesca

[2] L’acquacoltura sta diventando un pilastro della moderna alimentazione

[3] I colori dei fili di montaggio sono molteplici

[4] L’occhio del pesce ha ancora in serbo parecchi segreti, anche per gli scienziati

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Anche i pesci, quando si trovano in ambienti a scarsa luminosità, passano dalla visione dettagliata e colorata a quella senza colori e quindi usano maggiormente i recettori a bastoncino che sfruttano la poca luminosità presente nell’ambiente, ma non sono in grado di apprezzare il colore. A questo effetto fisico si deve il successo nelle esche sommerse dei materiali riflettenti come il tinsel, che catturano quella poca luce rimasta e la rimandano all’occhio del pesce. Parimenti, le bolle d’aria che generano le mosche in fase di emersione e che riflettono la luce come uno specchio od una superficie metallica e che i costruttori tentano di imitare utilizzando fibre in CDC che trattengono bolle d’aria, con striscioline di materiale perlescente o con dubbing particolarmente pelosi o “fuzzy” per gli anglofili.

L’uomo dispone di tre tipi di coni recettori che percepiscono il rosso, il verde ed il blu, gli altri colori sono elaborati dal nostro cervello. Nel mondo animale, invece, esistono sistemi visivi molto avanzati e diversificati in base alle singole necessità. Le api, ad esempio, hanno recettori per il verde, per il blu e per l’ultravioletto e ciò è molto utile per cogliere quale sia il grado di maturazione dei fiori in base alla quantità di polline. Le trote iridee sono dotate di ben quattro tipi di recettori: blu scuro, verde, arancio ed ultravioletto. Possiedono una visione tetracromatica che permette una percezione diretta dei colori. Nella colonna d’acqua superficiale – e sino ad una decina di  metri di profondità dove la luce UV è molto presente  – sono in grado di vedere direttamente nel campo ultravioletto [1]. Questa caratteristica è necessaria per individuare con facilità lo zooplancton, le ninfe ed i gamberetti (molte specie di insetti acquatici sono caratterizzati dalla presenza di piccole sacche di grasso e proteine molto UV assorbenti): sarebbe come per noi vedere un punto scuro su di uno sfondo chiaro (d’altro canto, qual è il colore dominante nei nostri piatti da cucina? Non certamente il nero).

Un’altra particolarità della visione dei pesci, se comparata alla nostra, è il numero dei recettori. I salmonidi ne hanno circa un dodicesimo dei nostri e ciò è una conferma della loro ridotta capacità di distinguere dettagli, con buona pace di chi si arrovella a trovare la colorazione o la sagoma perfetta, che riproducano con massima fedeltà la tonalità dell’originale.


[1] Una lampada UV utilizzata per le resine a polimerizzazione luminosa è utile per farci, empiricamente, comprendere l’effetto della luce ultravioletta sui materiali fluorescenti

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A tutta questa serie di considerazioni di carattere principalmente fisico, si deve aggiungere un fattore difficile da considerare per noi umani: l’effetto della luce ultravioletta. Mentre per le trote iridee ed i salmonidi in genere è una frequenza percepita, non lo è per noi e quindi risulta complesso  comprenderne istintivamente la portata. Avete mai visto come reagisce il cane di casa ad un fischietto muto ad ultrasuoni? Per quanto energicamente soffiamo nel fischietto, non riusciamo a percepire alcun suono, mentre il compagno peloso si irrita o, almeno, passa dallo stato di veglia a quello di attenzione: lo stesso può accadere ai pesci che vedono nel campo dell’ultravioletto. Un materiale che riflette od assorbe luce ultravioletta può ricordare al pesce qualcosa di edibile (come per il caso delle sacche di grasso dei gamberetti e dello zooplancton) oppure scatenare in lui una reazione di fastidio o di allerta.[1]

I materiali, compresi quelli utilizzati nella confezione delle mosche da pesca, si comportano in maniera differente quando colpiti da una luce ultravioletta: possono assorbirla, rifletterla tout court oppure elaborarla, riconsegnandola all’ambiente con una lunghezza d’onda differente, come avviene per i materiali fluorescenti che ricevono luce e la restituiscono anche ad una lunghezza d’onda a noi visibile. Per comprendere questo effetto, possiamo munirci di una lampada a raggi UV che ci consentirà di apprezzare almeno l’effetto fluorescenza. Non dimentichiamo che nella porzione alta della colonna d’acqua – dove in genere si pesca con esche sportive – i raggi UV sono molto presenti (più degli infrarossi che si fermano prima) e quindi un materiale in grado di ricevere il raggio UV e di restituirlo in un campo diverso può agire come un faro nella notte. Attenzione: non che questa caratteristica sia positiva in ogni caso! Come per il cane che può avvicinarsi scodinzolando o mettersi a ringhiare, un materiale che agisca nella sfera dell’ultravioletto può scatenare una reazione positiva tanto quanto negativa nel pesce.[2]

Ogni pesce ha un modo di vedere differente e ciò è testimoniato dal diverso successo che hanno le mosche artificiali usate sul medesimo pesce in paesi differenti. Ad esempio, le mosche scozzesi non hanno colori fluorescenti in genere, quelle irlandesi sono caratterizzate da una maggior presenza di colori sgargianti, quelle norvegesi sono tipicamente costituite da un’ala nera (elemento cromaticamente dominante) ed uno o più punti di materiale di contrasto od addirittura fluorescente.


[1] Del filo di montaggio di colore arancione ragionevolmente simile alla luce naturale, cambia in maniera radicale quando illuminato con luce ultravioletta

[2] Due Ally’s Shrimp realizzate con seta normale e fluo, illuminate con e senza luce UV

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Se prendiamo il salmone pacifico, il colore vincente è il viola, mentre ci vuole un fly tier innovativo per proporre una mosca viola in acque europee.

Inoltre, la stessa famiglia di pesci è in grado di vedere in maniera differente in relazione al periodo della propria esistenza. Degli studi effettuati sui salmoni pacifici hanno evidenziato come durante la vita del pesce si modifichi la consistenza dei recettori; essi perdono la loro capacità di percepire l’ultravioletto quando passano dal fiume al mare e la riacquistano quando tornano al fiume per riprodursi. La spiegazione? In fiume la profondità non eccede in genere i 10 metri, gli UV sono presenti e alla capacità di vederli è connesso il vantaggio alimentare descritto sopra; in mare, i salmoni diventano predatori e perdono tale visione a favore dei recettori blu che permettono di percepire meglio la tipologia di colore associabile alla livrea di un altro pesce.

In conclusione

Il pesce è capace di mettere a fuoco e vede molto meglio da vicino che sulla media – lunga distanza.

Possiede sufficienti recettori ed è in grado di vedere molti colori, quasi come noi, ma la sua vista può mettere a fuoco un colore alla volta: ciò non crea particolari problemi in profondità, ma in superficie l’effetto appare essere abbastanza deformante.

Il pesce vede molto peggio di noi in termini di definizione dell’oggetto.

Percepisce anche la luce nella porzione di spettro ultravioletto.

Non ci vede bene come noi, ma è in grado di “sentire” molto meglio a causa di altri sensi dei quali noi non disponiamo (linea laterale).

La stessa famiglia di pesci ha visioni di tipo differente e lo stesso tipo di pesce – si vedano ad esempio i salmoni – varia la sua percezione in ragione dello stadio vitale.

Il costruttore si troverà senz’altro disorientato di fronte a tutte queste variabili ed all’impossibilità di stabilire una regola valida per tutti i tipi di pesci e tutti i tipi di materiali, assodato che anche questi ultimi possono reagire alla luce ultravioletta a nostra insaputa. [1]

Probabilmente, visto che a livello di applicazione scientifica si brancola nel buio, il sistema empirico è quello più efficace: se una mosca con una certa combinazione di materiali dà tali e consistenti risultati da essere ricordata codificata e tramandata, è possibile che quel certo tipo di colore e di associazione di materiali, determini quel magico mix che stimola positivamente il comportamento di un pesce. Al contrario, mosche all’apparenza perfette possono includere componenti che fanno reagire negativamente il nostro avversario, proprio perché quello specifico materiale riflette la luce in maniera innaturale e pertanto sgradita.

Una considerazione a proposito delle mosche da salmone: può essere questo il motivo del successo di mosche elaboratissime e con decine e decine di materiali differenti dell’epoca vittoriana in Inghilterra o si è trattato unicamente di strategie di marketing? È possibile che in mezzo alle piume di ibis, alle guance di martin pescatore od alle sete cinesi ci fosse un qualche materiale particolarmente UV riflettente, assorbente o fluorescente che abbia determinato la fortuna di una qualche specifica mosca?

La realtà disarmante ma affascinante, è che più comprendiamo il mondo dei nostri amici pinnuti, più prendiamo coscienza della nostra scarsa conoscenza.

E Socrate non pescava a mosca, o almeno così afferma Platone.


[1] Scatole di dubbing con illuminazione naturale e con lampade UV


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