La scelta della canna

Di Massimiliano Mattioli (*) vedi a fondo pagina

E’ arrivato il momento, mi pare, di riprendere in mano le basi di questo sport. Se non vi piace la definizione di sport, potete usare quella che più vi aggrada: disciplina, attività, passione. Persino arte, se lo preferite. Qualunque scelta facciate, il discorso non cambia. Nel corso degli anni si è un po’ persa la capacità di selezionare la nostra attrezzatura sulla base del reale utilizzo per il quale è stata concepita. Stiamo parlando di canne, naturalmente. Negli ultimi tempi siamo riusciti, tutti quanti e con grande impegno, a dimostrare che ogni tipo di canna, soprattutto le più leggere, è in grado di lanciare ogni tipo di artificiale. Partendo da alcune esigenze estremamente specifiche, ci si è lasciati trascinare in una generalizzazione e degenerazione tale da farci perdere di vista il piacere e l’eleganza dell’azione di pesca tipica della mosca. Provo a spiegarmi con un esempio. La tecnica della pesca a ninfa con tre mosche a corta distanza (la cosiddetta Czech Nymph e derivati) trova la sua più tipica espressione nell’utilizzo di canne lunghe (10 o 11 piedi) per code leggere. Questa scelta si spiega quando si analizzano le caratteristiche peculiari di questa tecnica. Vediamole. In primo luogo, l’azione di pesca si svolge a corto raggio: pochi o pochissimi metri di distanza dal pescatore. Questo annulla, di fatto, l’esigenza del lancio così come tradizionalmente inteso. Il peso delle tre ninfe piombate è più che sufficiente a trascinare il finale e quel poco di coda che occorre nel punto prestabilito. La coda di topo, di fatto, non lavora. In condizioni ottimali, non tocca nemmeno l’acqua. In termini di lancio, a queste brevissime distanze si potrebbe altrettanto agevolmente usare una canna per coda #10. Si utilizza, invece, un’attrezzatura leggera per avere la maggior sensibilità possibile durante la passata e sentire meglio le mangiate dei pesci (la sensibilità di una canna non dipende esclusivamente dal numero di coda che porta, però un cimino sottile, entro certi limiti, aiuta. Di certo una canna per coda #10 non offre grande sensibilità sulle mangiate delicate di un temolo). Altra ottima ragione per rivolgersi ad attrezzature leggere, in questo contesto, è per contenere il peso. La pesca a ninfa richiede una postura con il braccio alto, per la maggior parte del tempo, che può risultare estremamente stancante. Per quanto riguarda, invece, la lunghezza della canna, questa trova giustificazione, di nuovo, nella tecnica. Abbiamo visto come questa richieda che si tenga il braccio alzato, per evitare che coda e finale tocchino l’acqua e, allo stesso tempo, mantenere una leggera tensione del sistema. Un contatto con i nostri artificiali. La più alta efficacia, nell’azione di pesca, si ottiene quando le ninfe lavorano perpendicolarmente sotto il cimino. In questa posizione abbiamo il massimo del controllo e il minimo rischio di dragaggio. Quando le mosche transitano sotto la punta, abbiamo tutto sotto controllo. La canna lunga, in questo caso, aumenta la distanza fra noi e il pesce senza farci perdere efficacia nell’azione. Nei limiti in cui si esplica questa tecnica, l’insieme risulta razionale ed armonioso. Le canne lunghe per code leggere nascono per questo scopo e sono un esempio di come la sostanza (azione di pesca) influenza la forma (il disegno della canna). Anche se qualcuno continua a storcere il naso, si tratta, in realtà di una cosa positiva. Una evoluzione moderna (sul termine moderna si potrebbe discutere all’infinito ma, fortunatamente, non rientra nel tema di questo articolo) delle tecniche classiche di pesca a mosca ha trovato la sua strada per entrare nel solco della tradizione ed affiancarsi alle altre. Come ho scritto all’inizio, si tratta però di un’esigenza specifica, anche se di grande successo. E se qualcuno continua a pensare che non di evoluzione ma di degenerazione si tratta, lo invito a guardare con attenzione l’azione di pesca di un bravo pescatore a ninfa. Per parte mia, ho avuto la buona fortuna di pescare spesso con persone dotate ed esperte nella tecnica che mi hanno mostrato parecchie volte come si possa lanciare con eleganza, pescando a ninfa, senza coinvolgere proprio la coda.

 

 

Arriviamo al punto

Se la short nymph ha preteso e trovato il suo equilibrio grazie allo sviluppo di un’attrezzatura ad hoc, sembra che, nel frattempo, ci siamo dimenticati che anche le tecniche canoniche di pesca a mosca, dalla secca allo streamer, richiedono attrezzature specifiche e che ogni canna ha, più o meno, una sua funzione precisa. Certo, in un’uscita di pesca, normalmente, ci troviamo ad affrontare una grande varietà di situazioni. Non si può pretendere che un pescatore si porti dietro due o tre canne per affrontare ogni singola situazione. Ciononostante, è opportuno ricordare che esiste una corrispondenza fra l’attrezzatura, la tecnica di pesca e l’ambiente che ci troviamo ad affrontare. Giusto per fare sempre scelte consapevoli e non casuali. Mi capita spesso di osservare pescatori, soprattutto fra i più giovani, che scelgono canne sempre più leggere, in base all’errata convinzione che una canna per coda #4 sarà comunque migliore di una per coda #5 e che una per coda #3 sarà preferibile rispetto ad una per coda #4. E’ una mentalità che si sta via via radicando e che, in realtà, finisce per complicare inutilmente la vita a chi la sposa. Anche se io stesso tendo a prediligere le code leggere, bisogna riconoscere che esistono molte situazioni in cui un’attrezzatura più performante aiuta. E’ vero che nel nostro paese abbondano i torrenti di montagna e che questi stessi torrenti soffrono, per la maggior parte, di una cronica mancanza d’acqua. Ma è anche vero che i fiumi di grandi dimensioni ci sono e che le valli alpine e appenniniche sono spesso attraversate da venti molto forti. Due situazioni, queste, che ci fanno apprezzare una buona coda del #5 o, perché no, del #6.

 

Vediamo quindi di provare a definire meglio l’ambito di utilizzo delle varie canne. Con una premessa sulla lunghezza delle stesse. La grande maggioranza delle fly rod ha una lunghezza compresa fra i 7 e i 10 piedi, con una spiccata tendenza a considerare la 9 piedi come la lunghezza ottimale per le canne in grafite. Non è un caso che canne di 9 piedi si trovino, praticamente, per ogni possibile peso di coda, dalla #2 alla #12. Il peso di coda diventa quindi la discriminante fondamentale per distinguere i vari utilizzi. Per non mettere troppa carne al fuoco, con il rischio di generare confusione nella mente del lettore e, soprattutto, dell’autore, limiteremo l’analisi alle sole code leggere e medio leggere. 

Le code leggere

Comprendiamo in questa definizione tutte le misure dalla #0 alla #4. Ogni suddivisione, in questo campo è arbitraria e aleatoria: c’è chi considera la coda #5 leggera e chi inquadra quella del #6 fra le pesanti.  D’altra parte, gli stessi parametri utilizzati dai produttori per attribuire le varie classi di peso sono piuttosto elastici, per usare un eufemismo.  Si tratta di convenzioni e non di leggi incise nella pietra. Le code leggere servono per la pesca in acqua dolce su prede come trote, temoli, salmerini e cavedani. E’ l’attrezzatura ideale per la pesca a secca e a ninfa leggera, soprattutto nella bella stagione, con livelli bassi e giornate non troppo ventose.  La tecnica principale per la quale sono concepite è la secca, naturalmente, attuata in ambienti circoscritti (il torrente o il fiume di fondovalle di medie dimensioni, più che il grande fiume o il lago). Come abbiamo visto, servono egregiamente anche per la ninfa e, almeno la #4, per le tre sommerse. In questo range di code si trova la più ampia variabilità di lunghezze di canna. Si va dai 7 piedi (e anche meno) per pescare nei torrenti più infrascati, fino agli 11 piedi (anche 12) per la euro nymph

Proviamo a scendere un po’ nel dettaglio fornendo qualche esempio concreto di configurazione tipica.

 

7’6” per coda #3 – La classica canna da torrente infrascato. E’ leggera, maneggevole e la coda del#3 facilita le pose poco rumorose. Particolarmente adatta alla secca, un po’ meno indicata per la ninfa, anche se non è certo impossibile praticarla. Le regole classiche reclamerebbero l’uso di un finale abbastanza corto (sotto i tre metri, indicativamente), non troppo sottile e abbinato a mosche medio piccole. In realtà, sappiamo tutti che è una canna molto più polivalente di così.

 

 

8’/8’6” per coda #2 – Un attrezzo abbastanza specialistico, questo. La coda #2 è indicata per mosche piccole e finali molto sottili. La maggior lunghezza, rispetto alla canna precedente aiuta a mantenere il cimino morbido e flessibile, quindi delicato nella ferrata. E’ pensata per livelli molto bassi e pesci estremamente diffidenti. Il tutto, naturalmente, a corta distanza. Pescare a mosca secca con una coda del #2 non è semplicissimo. La coda leggera non aiuta a trasmettere la tensione e il lancio richiede un po’ di esperienza ma, una volta presa la mano alla propria attrezzatura, pescarci è un vero piacere.

9’ per coda #3 – Evoluzione dei modelli precedenti. Canna sempre indicata per acque basse e pose delicate, ma in ambienti più ampi. Utilissima in estate in fiumi di risorgiva, consente di usare finali lunghi e sottili per lanciare mosche di taglia media o piccola. Questo non significa, naturalmente, che non si possa legare al tip un grosso terrestrial: solamente, si perderà qualcosa in fluidità durante il lancio. Nove piedi sono già sufficienti per una buona azione di pesca a ninfa, il che rende questo un attrezzo decisamente ecclettico.

 

8’6”/9’ per coda #4 – Fino a qualche anno fa, la palma di canna tuttofare apparteneva a buon diritto alla 9’ #5. Oggi questo titolo spetta alla 9’ #4. Merito delle migliorate prestazioni delle canne in grafite, sicuramente, e della mentalità imperante di cui abbiamo parlato prima. A parte gli streamer, possiamo lanciare agevolmente di tutto: grosse secche, le tre sommerse, ninfe anche appesantite. Le ferrate con finali sottili sono ancora facili, a patto di metterci appena un po’ di attenzione, e le distanze di lancio si allungano per permetterci di coprire anche i grandi fiumi, se non c’è troppo vento. E’ un’attrezzatura che può essere utilizzata tutto l’anno, volendo, e si capisce perché abbia soppiantato la coda #5 nel cuore e nelle scelte di tanti appassionati. Almeno per affrontare le nostre acque.

 

10’/11’ per code dalla #1 alla #3 –  Canne destinate ad un uso estremamente specifico che possiamo riassumere nella definizione, tutta americana, di euro nymph  e che saranno oggetto di un articolo a parte.

Le code medie

A questa classe appartengono le code del #5, del #6 e del #7. L’ambiente di utilizzo cambia: si passa da torrenti e piccoli e medi chalk stream ai grandi fiumi e al lago. Sono i pesi di riferimento per chi viaggia e vuole sempre trovarsi a suo agio, in qualunque situazione.

 

8’6”/9’ per coda #5 – Lo abbiamo visto prima. La coda #5 è, da sempre, la regina delle linee per le acque interne. In effetti, ha molti pregi. Proviamo ad elencarli. Per prima cosa, riesce a gestire facilmente anche una brezza sostenuta. Poi, il peso della coda è ben avvertibile nei falsi lanci. Questo la rende adatta ai principianti e, in generale, a chi ha poco tempo da dedicare agli allenamenti su prato. In altre parole, è una coda facile da gestire. Un buon compromesso fra peso di coda e delicatezza di posa e questo la rende utilizzabile anche con acque basse. Soprattutto, permette di lanciare lungo. Più di quanto serva, in realtà. Questo aspetto ci piace, inutile negarlo. Tutti noi ci sentiamo rassicurati dalla consapevolezza di avere tra le mani un’attrezzatura in grado di raggiungere le zone del fiume più lontane. L’altra sponda. Quella in cui, siamo convinti, trovano rifugio tutti pesci nelle giornate difficili. Quindi, con la coda  #5 possiamo lanciare lungo, proiettando artificiali anche di grossa taglia (secche, ninfe e piccoli streamer) nelle giornate ventose mantenendo un’azione di lancio pulita e fluida ed una posa ancora silenziosa e leggera. Se la coda #4 è la tuttofare per gli ambienti che conosciamo e sappiamo gestire, la coda #5 è quella che scegliamo per i viaggi, quando dobbiamo affrontare l’ignoto.

 

9’ per coda #6 – Cominciamo ad andare sul pesante, relativamente parlando. E’ un attrezzo per i grandi fiumi, soprattutto a primavera, quando la pioggia e lo scioglimento della neve li gonfiano rendendoli ancora più ampi e tumultuosi. E’ la canna per le giornate di forte vento e per le mosche più ingombranti, compresi molti streamer. Si riescono ancora a gestire bene tip di medio spessore (un 5X, tanto per fare un esempio) senza rischiare troppo in ferrata.

Il range d’azione è ampio e per questo si presta alla pesca in lago.

9’/10’ per coda #7 – Anche se c’è chi la considera la più leggera con cui pescare a streamer, personalmente la trovo decisamente sovradimensionata per le nostre acque se non, forse, per chi intenda dedicarsi esclusivamente alle grosse marmorate nei grandi fiumi. E’ una coda per uso specialistico. Viene usata per la pesca di salmoni e steelhead in determinate condizioni. Come coda da bass e da lucci quando si usano esche poco voluminose. Nelle versioni più lunghe (9’6”/10’) è una canna molto usata, giustamente, per la pesca in lago dalla barca. Contrasta con autorevolezza il vento, lancia lungo e stende bene il finale con le tre (o cinque) mosche sommerse.

 

 

Queste sono solo alcune delle possibili configurazioni canna/coda. Le più utilizzate. Molte altre si possono trovare in commercio. Alcune variazioni sono minime, uno o due pollici in più o in meno. Si tratta di scelte fatte in fase di progettazione per ottimizzare l’azione dell’attrezzo. Ma questo non cambia l’essenza del nostro ragionamento. E’ necessario scegliere l’attrezzatura giusta per pescare con piacere e conservare una certa fluidità e, di conseguenza, eleganza nell’azione di pesca.


Estratto dell'articolo pubblicato sul n. 77 di S&M


(*) Nota sull’autore

Massimiliano Mattioli, classe 1964, di professione editore. E’ anche autore, traduttore e, con lo pseudonimo di Fortebraccio, fotografo. Pesca a mosca fin da bambino, in ossequio ad una tradizione familiare.  A partire dagli anni ’90 ha allargato il suo orizzonte editoriale per includere il flyfishing fra i suoi obiettivi professionali. Sue sono le traduzioni in italiano di:

Emegenti di Swisher e Richards (1996); Nuove tecniche di costruzione di O. Edwards (1998); La precisione nel lancio di J. Wulff (1999);

Nel 2000 ha fondato la rivista “Sedge & Mayfly – il piacere della pesca a mosca” della quale ha assunto la direzione editoriale, continuando sempre a curare personalmente la pubblicazione di libri dedicati alla pesca a mosca, come:

Pescare a ninfa di G. Re; Microchenille & C di M. borselli; Il Black Bass di P. Pacchiarini; Il luccio di P. Pacchiarini; Manuale del moderno costruttore di mosche artificiali di Federighi- Nocentini; La ninfa di S. Soldarini; Fly Tying – il grande libro del costruttore di mosche artificiali di A. Quazzo

 


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