Estratto dell'articolo pubblicato sul n. 52 di S&M
Di Enrico Rossi
Fotografie di Ed Engle
Per chiudere in bellezza la serie di articoli che “Sedge & Mayfly” ha dedicato alle tecniche di costruzione e pesca con gli artificiali di piccole dimensioni (vedi “S.&M.” n. 50 e 51) ho intervistato l'uomo che gli appassionati di tutto il mondo considerano il massimo esperto in materia: Ed Engle, l’autore di “Tying Small Flies” e “Fishing Small Flies”.
Ciao Ed, come ti sei avvicinato al fly fishing, e quando hai deciso di trasformare il tuo hobby in una professione?
Avrò avuto 4 o 5 anni quando mio padre mi portò per la prima volta a pesca con le esche naturali, ma con la mosca ho cominciato solo nei primi anni ’70, dopo essermi trasferito in Colorado. Durante la bella stagione lavoravo per la Forestale, ma in inverno rimanevo disoccupato, e per ingannare il tempo andavo a pesca sul South Platte River, dove le trote bollavano sui midge anche nelle giornate più fredde. Fu così che assieme al mio amico John Gierach iniziai a scrivere qualche articolo. Poi, non appena mi resi conto che l’attività di guida e di giornalista mi consentiva di arrivare senza problemi alla fine del mese, mi licenziai dalla Forestale per dedicarmi a tempo pieno al fly fishing.
A quasi quarant’anni dai tuoi esordi, qual è l’aspetto che trovi più coinvolgente nella pesca a mosca?
Oggi amo confrontarmi con le situazioni difficili e i pesci veramente selettivi, quelli che quando torni a casa ti spingono a sederti al morsetto per creare imitazioni che l’indomani ti consentiranno di insidiarli con maggiore successo. E poi adoro vedere una trota che prende la mia mosca artificiale esattamente allo stesso modo in cui bolla sul naturale, perché solo così riesco a convincermi di averla realmente ingannata.
Come pescatore ti sei fatto le ossa sul South Platte River. Cosa rende davvero speciale questa celebre tailwater del Colorado?
La trasparenza delle sue acque, che spesso consente di pescare a vista sia a secca che a ninfa. E’ questa componente visuale, unita all’elevata selettività delle trote che lo popolano, a farne un luogo così affascinante. E poi, visto che nel South Platte la taglia degli invertebrati tende ad essere piuttosto piccola, la “mia” tailwater è il luogo ideale per chi ama pescare a vista con le small flies.
Scusami Ed, prima di approfondire il discorso sul piano tecnico, vorrei che tu mi togliessi una curiosità: cosa vuoi dire quando sostieni che “tra noi e la trota deve esserci solo lo stretto indispensabile”?
Me l’aspettavo, sai? Quella mia frase viene citata piuttosto spesso, e a dire il vero credo che sintetizzi in modo abbastanza efficace la mia filosofia di pesca. Ebbene, “having as little as possible between yourself and the trout” significa stabilire un rapporto il più possibile diretto e immediato con il pesce che stiamo insidiando, senza inutili artifizi. Infatti, come ho avuto modo di scrivere anche in un mio recente articolo, le catture più belle della mia vita sono state quelle in cui la trota è rimasta vittima di una small fly presentata con un lancio semplice, efficace ed elegante.
Qual è il tuo approccio a un fiume dove non hai mai pescato?
Se le trote bollano, cerco di capire quale sia l’insetto predato. In caso contrario, laddove la limpidità dell’acqua lo consente cerco di scorgere i pesci che sospesi a mezz’acqua si nutrono di ninfe emergenti. Altrimenti mi concentro sulle zone più promettenti del fiume, quelle dove mi aspetto che le trote stazionino in attesa del cibo trasportato dalla corrente, e le esploro con una ninfa generica, come la classica “Gold Ribbed Hare’s Ear”. Se neanche questo tentativo produce risultati apprezzabili, provo a stimolare l’aggressività dei pesci con una grossa e vistosa dry fly, oppure mi affido allo streamer. In ogni caso, non appena inizio a catturare insisto a lungo con la stessa tecnica e nei luoghi che si sono dimostrati più redditizi.
A tutti noi è stato sempre insegnato di tenerci ben lontani e nascosti dalle trote in attività, mentre nei tuoi libri suggerisci di avvicinarsi il più possibile. Ma allora, quanto conta realmente il mimetismo nella pesca a mosca?
Quando si pesca con le small flies, un approccio ravvicinato ci aiuta a mantenere un costante contatto visivo con l’artificiale e il pesce che stiamo insidiando, nonché a percepire meglio le abboccate. Ma ciò non significa che dobbiamo accostarci alle trote senza porre in essere tutte le cautele del caso. Il mimetismo e la silenziosità, infatti, sono fattori cruciali affinché un approccio ravvicinato abbia realmente successo.
Qual è il modo migliore per presentare una small fly?
Il segreto di una buona presentazione consiste nel prevenire il dragaggio. Pescando a secca, bisogna avere una buona dimestichezza con le tecniche di lancio che ci consentono di raggruppare il finale sull’acqua, come il mending e il parachute cast. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di consentire all’artificiale di derivare sulla superficie nel modo più naturale possibile. Ritengo inoltre indispensabile tener bene a mente la regola che il primo lancio deve essere il migliore, perché è quello a cui sono affidate buona parte delle nostre possibilità di cattura. Prima di effettuare la posa, ricordiamoci sempre di studiare con calma il comportamento della trota e di memorizzare l’esatta posizione delle sue bollate, e poi cerchiamo di finalizzare la presentazione senza inutili volteggi, perché troppi falsi lanci rischiano solo di mettere in allarme il pesce.
A tuo avviso è importante saper “leggere” le bollate?
Certo, perché una corretta analisi delle bollate ci consente di capire se la trota si sta realmente nutrendo in superficie, o nello strato immediatamente sottostante. L’errore più comune che si può commettere, specie nella fase iniziale di una schiusa, è quello di passare alla secca non appena si vede una bollata. In questi casi, infatti, non è detto che il pesce si stia già cibando di insetti alati. E’ invece più probabile che stia “delfinando” per ghermire ninfe o pupe emergenti sotto la pellicola superficiale.
Quali sono le tue tecniche preferite per pescare a ninfa?
Ogni tanto faccio ancora ricorso al classico strike indicator galleggiante, ma di solito mi limito ad applicare sul finale uno spezzone di monofilo arancione, oppure ad ingrassare il tratto di potenza del finale per distinguere meglio le abboccate. In altri casi, come quando pesco a vista o a short line nymphing, preferisco fare completamente a meno di qualsiasi segnalatore. Quando uso le micro-ninfe cerco sempre di affrontare il pesce a distanza ravvicinata. In tal modo, posso pescare a canna alta tenendo la coda quasi del tutto fuori dall’acqua, e ciò mi consente di limitare il dragaggio, di mantenere costante il contatto con la mosca e di avvertire all’istante le toccate del pesce.
Ed, parliamo un po’ di attrezzature: che tipo di canne prediligi?
Come ben sai a me piace molto il bambù, e in particolare le canne dai 7’9’’ agli 8’6’’ per coda # 4 o # 5, che a mio avviso sono gli attrezzi ideali per la pesca con le small flies. Specie alle medie distanze, infatti, col “legno” riesco a lanciare in modo estremamente preciso e delicato, e in fase di recupero la grande sensibilità del bambù mi consente di proteggere meglio anche i finali più sottili. Tuttavia non sono un integralista, e spesso, quando pesco a ninfa, uso delle nove piedi in grafite per coda # 4 o # 5 dall’azione piuttosto morbida, perchè trovo che una canna leggermente più lunga faciliti le operazioni di mending.
E a proposito di finali, tu quale formula utilizzi?
Confeziono i miei finali a mano, seguendo la regola del “60-20-20” (60% per il tratto di potenza, 20% di conicità e 20% di tippet). In definitiva, si tratta solo di una variazione dello “slack line leader” di George Harvey (un finale appositamente studiato per le pose raggruppate, n.d.r.) con l’unica differenza che la formula originale prevede l’uso di nylon morbidi ed elastici per l’intera estensione del finale, mentre io, per il tratto di potenza, prediligo un nylon piuttosto rigido, che mi aiuta a penetrare meglio il forte vento che soffia spesso qui in Colorado. Detto questo, devo confessarti che ormai, a prescindere dal fiume in cui mi trovo, pesco quasi sempre con un finale lungo tra i 10 e gli 11 piedi, perché nel corso degli anni mi sono reso conto che modificandolo troppo si finisce per perdere molta accuratezza nel lancio.
Credi che ci sia molta differenza tra i monofili in nylon e quelli in fluoro-carbon?
Sulla base della mia esperienza, posso dirti che il fluoro-carbon fa certamente la differenza quando si pesca in lago, mentre per quel che riguarda i fiumi non mi sono ancora fatto un’idea precisa, anche se è indubbio che essendo più resistente all’abrasione rispetto al nylon può darci qualche vantaggio in fase di recupero. Al giorno d’oggi, molti pescatori americani lo usano anche come terminale da secca, perchè siccome tende leggermente ad affondare, ritengono che sia meno visibile agli occhi del pesce.
Bene, adesso sediamoci al morsetto. Qual è il segreto per costruire delle small flies veramente efficaci?
La regola numero uno è quella di realizzare artificiali poco “vestiti”. A parole sembra facile, ma in realtà non lo è affatto. Per conseguire tale obiettivo, bisogna impiegare la minor quantità possibile di materiali, ed un filo di montaggio estremamente sottile. Inoltre, è sempre opportuno sostituire i materiali più rigidi e voluminosi con altri meno compatti ed ingombranti. Per le ali “a capanna”, ad esempio, al posto del pelo di cervo possiamo benissimo usare il cul de canard.
E a un principiante quali modelli di small flies suggeriresti di realizzare?
Per le secche consiglierei di iniziare con delle comparadun” in CDC e con qualche parachute, mosche sempre molto efficaci specie nelle misure più piccole. Per le micro-ninfe direi senz’altro la “Pheasant Tail”, meglio ancora se dotata di una sacca alare in flashback.
Quindi sei favorevole all’impiego dei materiali riflettenti.
Certo, perchè sulle ninfe e sulle pupe emergenti si crea sempre una piccola bolla d’aria, ed io sono convinto che sia uno degli elementi in grado di scatenare l’istinto predatorio delle trote. E’ per questo che utilizzo volentieri materiali brillanti o riflettenti come mylar, flashback e krystal-flash; ma anche palline dorate, argentate o colorate. Per ottenere lo stesso effetto anche nelle ninfe di taglia più microscopica, si può ricoprirne il corpo con colle traslucide come l’Epoxy o l’U.V. Knot Sense.
Ed, un’ultima domanda: ritieni che per pescare con le small flies sia sufficiente dotarsi di imitazioni generiche, o sia necessario disporre di mosche imitative?
Non credo che le imitazioni “esatte” siano realmente indispensabili quando si pesca con mosche molto piccole. Di solito basta utilizzare dressing che non si discostino troppo dall’aspetto d’insieme, dalla taglia e dal colore del naturale presente. L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dalle situazioni in cui ci troviamo davanti a trote altamente selettive, che si stanno cibando di midge. In questi casi, bisogna ricorrere ad artificiali che ricalchino con assoluta precisione i dettagli dell’insetto imitato, come le diverse sfumature cromatiche del corpo, la segmentazione addominale e le proporzioni dell’addome, del torace e della sacca alare.
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