di Enrico Rossi
Meravigliose. Non ci sono altri termini per definire queste piccole ed eleganti creature. Durante l’estate scorsa le Rhithrogena mi hanno tenuto compagnia in così tante occasioni che mi è parso opportuno dedicar loro un articolo. Sul far della sera, quando il sole scompariva dietro le vette dei monti, le vedevo librarsi a fitti sciami sul fiume in un’inconfondibile danza dal ritmo lento e altalenante. Giusto il tempo di ammirarle per qualche minuto, poi i primi cerchi concentrici rompevano la pellicola superficiale ed iniziava il divertimento. All’inizio i pesci facevano a gara per intercettare le dun emergenti, ma ben presto tendevano ad ignorarle, preferendo incentrare le loro attenzioni sulle femmine in ovideposizione. Infine, a buio ormai fatto, facevano incetta degli spinner che si posavano inermi sull’acqua con le ali divaricate dal rigor mortis. In presenza di schiuse miste le Rhithrogena dividevano la scena con altri tipi d’insetti, ma in certe serate erano le vedette assolute del coup du soir, al punto che i pesci non avevano occhi che per loro. Eppure queste splendide effimere, così diffuse sia nel nostro Paese che nel resto d’Europa, vengono spesso ignorate da noi pescatori. A ben pensarci, credo che ciò dipenda da due motivi. Il primo è di ordine storico. I “testi sacri” del fly fishing, infatti, riservano loro sì e no poche righe, e sapete perché? Perché le Rhithrogena sono quasi del tutto assenti dai chalk-stream dell’Inghilterra meridionale sui quali si sono formati i vari Halford, Marryat, Sawyer e Skues. Il secondo motivo, non meno importante, è che per imitarle non c’è bisogno di ricorrere a dressing granché originali o complessi, in quanto le Rhithrogena ricalcano in tutto e per tutto l’aspetto, le proporzioni e i colori dell’ “effimera tipo”. Il più delle volte, quindi, per avere successo basta affidarsi a un artificiale d’insieme. Ne è la riprova il fatto che molti autori e fly-tyer anglosassoni identificano proprio in una Rhithrogena (la R. germanica, piuttosto comune nei corsi d’acqua a regime torrentizio delle isole britanniche) l’insetto imitato dalla mosca da caccia per antonomasia: la celeberrima March Brown. Ma adesso facciamo un po’ d’ordine e ripassiamo insieme qualche elementare nozione di entomologia.
Il genere Rhithrogena (Eaton, 1881) rientra nella famiglia delle Heptageniidae ed annovera diverse decine di specie. Sul piano tassonomico la loro determinazione non è affatto agevole, tanto che per identificarle con esattezza gli studiosi prendono in esame dettagli morfologici del tutto invisibili ad occhio nudo come la forma delle branchie e dei peni, la struttura dei tarsi e quella dei femori. La varietà più diffusa nell’Europa continentale è la R. semicolorata, che nel nostro paese colonizza un po’ tutti gli habitat fluviali, sia montani che di fondovalle, caratterizzati da substrati pietrosi e da acque veloci e ossigenate. Tra le altre specie presenti in Italia vale la pena menzionare la R. fiorii, la R. aarupi, la R. adrianae e la R. alpestris. Grazie alla loro particolare struttura anatomica, che si denota per il corpo appiattito e l’assetto altamente idrodinamico, le ninfe litofile delle Rhithrogena sono propense a stabilirsi nei tratti del fiume a corrente più sostenuta. Pur trattandosi di effimere univoltine (cioè che presentano una sola generazione all’anno) il loro periodo di schiusa è piuttosto ampio, e in base alla specie e alle caratteristiche dell’ecosistema può protrarsi dal mese di marzo a quello di settembre, coprendo buona parte della stagione di pesca. Una volta giunte a maturazione, le ninfe di Rhithrogena lasciano gli interstizi del fondale per emergere in superficie. In primavera le sciamature si protraggono per diverse ore, dalla tarda mattinata al pomeriggio inoltrato, con picchi di particolare intensità nelle giornate tiepide e nuvolose. In piena estate, invece, si concentrano all’imbrunire, quando col rinfrescarsi della temperatura il fiume esplode di vita. Dopo essere fuoriuscite dall’esuvia ninfale, le subimago non trascorrono molto tempo sulla superficie dell’acqua prima d’involarsi alla volta della vegetazione riparia, dove in poche ore portano a termine la propria metamorfosi trasformandosi in imago perfette.
Le Rhithrogena alate sono facilmente riconoscibili anche a prima vista: allo stadio di subimago presentano una colorazione tra il giallo smorto e il nocciola olivastro, ali di un grigio opalino e due cerci di media lunghezza; mentre allo stadio di imago la tinta del corpo vira dal ruggine all’arancione, le ali diventano lucide e trasparenti e le estremità caudali si fanno più lunghe e sottili. Negli insetti adulti il dimorfismo sessuale non è molto accentuato: gli esemplari maschi, oltre a esibire i propri attributi riproduttivi (peni e gonostili), presentano occhi più grandi e arrotondati rispetto alle femmine, ma per il resto conservano caratteristiche e dimensioni pressoché identiche. Subito dopo l’accoppiamento, che avviene in volo al culmine di una lunga danza nuziale, dal corpo delle femmine fecondate fuoriesce una massa ovigera biancastra di cui si liberano appoggiandosi sulla superficie nei pressi delle sponde o battendo ritmicamente l’addome sull’acqua anche in piena corrente. Poi si abbandonano esauste al loro destino, e mentre il giorno cede il posto alla notte le spent di Rhithrogena finiscono in pasto ai temoli e alle trote.
Dall’analisi del ciclo vitale, delle abitudini riproduttive e dell’aspetto esteriore di queste splendide effimere è possibile trarre diverse indicazioni utili sia ai fini costruttivi che dell’azione di pesca. Per quanto riguarda le ninfe, che come abbiamo visto popolano i tratti più turbolenti dell’asta fluviale, non è affatto necessario ricorrere a imitazioni esatte. Basta rispettare le proporzioni dell’insetto, la cui taglia media si attesta sul # 14, e impiegare materiali come il pelo di lepre, la pernice e il fagiano, che miscelandosi tra loro forniscono un effetto d’insieme di sicura efficacia in acque veloci. Per conferire un assetto realistico alle subimago emergenti è preferibile fare a meno delle hackles di gallo, affidando il galleggiamento dell’artificiale alle ali in cul de canard grigio e lasciando che l’addome resti intrappolato nella pellicola superficiale. Quanto alle spent, che sono l’arma più efficace per affrontare le fasi finali di una schiusa di Rhithrogena, l’importante è mantenere esile la silhouette della mosca, disporre le ali sintetiche a centottanta gradi e tener presente che nell’insetto naturale le code sono molto più lunghe del corpo.
Rhithrogena Nymph
Amo: # 14
Filo di montaggio: Marrone
Code: Tre barbe di fagiano
Addome: Pelo di lepre
Anellatura: Filo di rame
Torace: Pelo di lepre
Sacca alare: Ciuffo di barbe di fagiano
Zampe: Piuma di pernice
Rhithrogena Dun
Amo: # 14
Filo di montaggio: Marrone
Code: Due fibre di pelo di cervo chiaro
Addome: Dubbing di antron e pelo di lepre
Anellatura: Tinsel ovale dorato
Torace: Pelo di lepre
Ali: Due piume di cul del canard
Rhithrogena Spent
Amo: # 14
Filo di montaggio: Marrone
Code: Due fibre di pelo di cervo scuro
Addome: Dubbing di antron color ruggine
Anellatura: Tinsel ovale dorato
Torace: Dubbing di antron color ruggine sormontato
da una striscia di plastica nera
Ali: Fibre di polipropilene
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