Perché leggere è importante

La risposta breve è: perché ci rende pescatori più bravi.

Certo, avrete sentito dire almeno un milione di volte che l’unico maestro è il fiume, che solo l’esperienza vi renderà bravi pescatori e che tutto quello che vi serve è, al limite, un amico che vi insegni. Tutto giusto e più che sufficiente, se il vostro obiettivo è diventare pescatori mediocri. Come dico sempre, la pesca a mosca è facile e divertente, però è materia vasta e piena di cose interessanti. Scoprirle la rende ancora più divertente e appassionante, non più complicata. Imparare a legare una Royal Wulff al finale e a posarla nell’acqua ad una decina di metri di distanza è una roba elementare, si impara in un pomeriggio. Scoprire le varie tecniche di pesca, le mosche, i diversi tipi di lancio e di posa, è il divertimento di una vita. Quando il vostro istruttore e mentore, il migliore possibile fra i compagni di pesca, avrà esaurito i suoi insegnamenti, rimarrà comunque un mondo intero ancora da scoprire. Per questo i libri sono importanti: creano un collegamento con altre persone (sono persone quelle che scrivono i libri, pescatori quelli che scrivono libri di pesca. O almeno, dovrebbero essere pescatori.) che non conosciamo e che decidono di condividere con noi le loro conoscenze ed esperienze. Provate ad immaginare cosa sarebbe la pesca a mosca secca oggi se Halford non avesse scritto i suoi libri e, soprattutto, se Theodore Gordon, un appassionato e vorace lettore, non li avesse letti. Quella famosa corrispondenza di cui tanto si è parlato non sarebbe mai iniziata. Halford non avrebbe mai spedito a Gordon le sue mosche e Gordon non avrebbe avuto la base di partenza sulla quale sviluppare i suoi modelli. L’intera storia delle dry flies sarebbe stata diversa da quella che conosciamo. Non scherzo: sarebbe stato tutto diverso. Facciamo un esempio più vicino a noi: prendiamo lo sviluppo della pesca a ninfa in Italia. 

Fino a metà degli anni ’90 la ninfa non veniva praticamente presa in considerazione come tecnica a se stante. L’argomento ninfa, se proprio non si poteva evitare, veniva liquidato con quello che noi, da queste parti, abbiamo chiamato il tecnicONE.

Più o meno funzionava così: “se arrivo al bucONE, monto un ninfONE, faccio un lanciONE e aspetto il tirONE”. Questo era il livello di raffinatezza (per qualcuno, a quanto pare, è ancora così. Ma questa è un’altra storia). L’evento che cambiò radicalmente le cose fu, indovinate un po’, l’uscita di un libro: nel 1998, “Pescare a ninfa” di Giuseppe Re non solo spiegò ai pescatori italiani le varie tecniche per pescare a ninfa, ma sdoganò la tecnica dandole la dignità che meritava e che nel nostro paese non aveva. Il segreto di quel libro e del suo successo è dovuto al fatto che l’autore non pose se stesso su un piedistallo raccontando il SUO modo di pescare a ninfa. Se lo avesse fatto, sarebbe stato rapidamente liquidato come “un altro che pesca alla passata con la coda di topo”: lui spiegò, invece, la tecnica di Sawyer, quella di Skues, quella di Brooks, mostrando le loro mosche e le montature più indicate. Spiegò l’uso dello strike indicator e dei piombini. Mostrò, in altre parole, che la pesca a ninfa è una tecnica complessa e che in tutto il mondo la si pratica e la si affronta con grande serietà. L’impatto fu notevole: sui banconi dei negozi e negli espositori apparvero i vari tipi di strike indicator e le bobine di filo di piombo per appesantire gli artificiali (c’erano anche prima, nei negozi, ma molti li tenevano dietro il bancone, un po’ nascosti, giusto per evitare continue battute su galleggianti e bigattini. Noi pescatori a mosca sappiamo essere di una pedanteria omicida nel rimarcare gli “errori/orrori” degli altri). Passano gli anni, le tecniche si evolvono e l’interesse dei pescatori cresce. Il web rende popolare una “nuova” figura di pescatore a mosca: il garista. Il garista è, apparentemente, un bipede che pesca prevalentemente a ninfa, ragiona come un pesce e, esattamente come un pesce, non parla. Per meglio dire: a volte parla, anche molto, ma solo di se stesso e dei suoi risultati. Mai di tecniche di pesca. 

Comunque, si vocifera di tecniche differenti, sviluppate nell’Europa dell’est e, anche, in Francia. Si cerca di capire, ci si arrabatta un po’, si organizzano pellegrinaggi in Polonia e Repubblica Ceca. Alla fine, nuovamente, sarà un libro a mettere un po’di ordine fra le mille teorie e speculazioni del dopo pesca.

“La ninfa – tecniche moderne e artificiali” di Sandro Soldarini spiega le varie tecniche, le montature e gli artificiali adatti ad ogni stile. In poco tempo, ci troviamo tutti a discutere con grande competenza di differenze fra lo stile polacco e quello ceco, di pregi e difetti del mollone e del filo bicolore.

Cosa ancora più importante, il libro rompe la regola dell’omertà: dopo la sua uscita inizia una rincorsa a diffondere e condividere le informazioni, i dettagli di ogni tecnica.

Qualcuno si affretta a dire che “però quella è pesca alla passata” (ricordate la pedanteria di prima?) qualcun altro  dice che lui quella tecnica la usava già trent’anni fa sulla Traun (c’è sempre la Traun di mezzo, ci avete fatto caso? Il pescatore a mosca italiano, quando vuole rimarcare il fatto che lui una certa cosa la conosce da tempo dice sempre che la faceva trent’anni fa.

Non sul Nera o in Adda.

No.

In Austria.

A Gmunden.

Sulla Traun.

E non vent’anni fa.

O quaranta.

No.

Trent’anni fa.

Sulla Traun.

A Gmunden.)

 

Potrei continuare con molti altri esempi, ma credo che la sostanza sia chiara. Ancora oggi, la conoscenza si trasmette attraverso i libri.  Leggere aiuta a crescere e a migliorare come pescatori. Non solo ci aiuta a fare delle scelte quando siamo in pesca, ma ci mantiene vicini al fiume anche quando siamo a casa e questo è un vantaggio impagabile. Quindi, leggete più libri che potete, mi raccomando.

Io li ho già letti tutti.

Trent’anni fa.

A Gmunden.

Sulla Traun.