Un mondo perfetto

Esiste un'immagine idealizzata della pesca a mosca, che alberga nella mente di ogni pescatore alle sue prime esperienze in fiume. In questo mondo ideale e perfetto, la giornata di pesca-tipo si svolge in questo modo. Si arriva sul fiume al mattino, i pesci bollano (o lo faranno tra poco) e a noi non resta che individuare esattamente l'insetto di cui si stanno cibando in quel momento per poter scegliere l'imitazione corretta e correttamente presentarla. Diciamo, solo a titolo di esempio, che le trote stiano mangiando degli ecdyonurus. L'individuazione della mosca "giusta" può richiedere pochi minuti o anche un'ora, ma questo fa parte del divertimento. Di certo, in un mondo perfetto, una volta azzeccata la mosca potremo metterci a cavar pesci dal fiume (per poi rimetterceli, possibilmente) frenati soltanto dalla nostra pigrizia e dalla nostra capacità di lanciare e presentare la mosca nel modo migliore. Ma siamo in un universo ideale, e noi ci siamo allenati a lanciare sul prato per tutto l'inverno, naturalmente. Il nostro lancio, oggi, riunisce la tecnica di Steve Rajeff, l'eleganza di Mel Krieger e la precisione di Lefty Kreh in un solo gesto di suprema armonia. Gli altri pescatori affollano la riva per osservarci, estasiati. Il fiume è tutto nostro e l'unica domanda che, legittimamente, ronza nella nostra testa è: "Perchè diavolo si ostinano a fare le code di topo così assurdamente corte?"

In un mondo perfetto, poi, i pesci fanno una siesta verso l'ora di pranzo, per permetterci di andare con calma al ristorante. Tornati al fiume, i pesci riprendono la loro attività. Temoli, questa volta, per il piacere di variare prospettiva. Anche gli ecdyonurus hanno ripreso a schiudere, ça va sans dire, copiosamente. Una bella schiusa massiccia.Verso sera, i pesci faranno un'altra pausa, di una mezz'oretta circa. Giusto il tempo di fumare una sigaretta e rifare il finale, ormai sfibrato dalle catture, e ricominceranno a bollare. Trote, grosse trote. Non sugli ecdyonurus, naturalmente. In un mondo perfetto, sotto sera la trota mangia le sedge, e solo quelle. Noi, perfetti pescatori in un mondo perfetto, lo sapevamo già. E abbiamo approfittato della pausa per scegliere una grossa Elk Hair Caddis e aumentare il diametro del finale. Fra un poco sarà buio, e non vogliamo strappare. Anche in un mondo perfetto la vista non è più quella di una volta, accidenti.

 

Così vanno le cose, nella nostra fantasia. Nella vita reale, però, come ben sa chiunque abbia maturato un po' di esperienza di pesca vera, le cose tendono sempre ad andare diversamente. Le schiuse sono spesso brevi e poco intense. Quando l'attività a galla diventa significativa, di solito la schiusa non è semplice (un solo tipo di insetto) ma complessa (più specie di insetti schiudono contemporaneamente). Durante una schiusa complessa (detta anche multipla) i pesci diventano spesso selettivi. Decidono, cioè, di nutrirsi di una sola specie di insetto, fra le tante in movimento. Chi ha pescato qualche volta durante le schiuse di mosche di maggio sa di cosa parlo. Noi siamo tutti concentrati sulle Mayfly, perché sono grosse, visibili, bellissime e hanno un'aria succulenta, mentre le trote le snobbano per dedicarsi a qualche minuscolo chironomo o ad un insignificante Baetis che nemmeno avevamo notato.

Spesso, la trota modifica il suo target durante una schiusa. Decide di smettere di mangiare un certo insetto per passare ad un altro, oppure smette di cacciare le ninfe in emersione per dedicarsi alle dun ancora intrappolate nella pellicola.

 

L'attività di superficie, in ogni caso, occupa solo una piccola parte della giornata sul fiume. Per la maggior parte del tempo, trote e temoli si nutrono sotto la superficie. A fondo o a mezz'acqua. Noi possiamo scegliere: sistemarci sulla riva, possibilmente seduti e comodi, aspettando e sperando che qualche schiusa inizi, oppure cercare il pesce e tentarlo lì dove si trova. Con la ninfa, con la sommersa e anche con la secca, nei sottoriva con acqua bassa e un po' di ombra. Se decidiamo di continuare a pescare, dovremo fare i conti con una miriade di situazioni diverse. Dovremo essere pronti a passare dalla ninfa alla secca con rapidità. Rassegnarci ad andare per tentativi: per indovinare il peso e il colore della ninfa, passare da un terrestrial ad un plecotterino fatto pattinare sotto le frasche. Il nostro finale subirà modifiche, nell'arco dell'intera giornata che lo porteranno da una lunghezza di 1,5 metri fino a 8/10 metri, per certe tecniche (estreme, diciamo così) di pesca a ninfa. E ogni volta che avremo trovato il modo giusto per pescare una certa buca, o una lama, rimarrà il tempo di fare un paio di catture,  se siamo fortunati, e poi dovremo ricominciare tutto, alla buca successiva. 

Difficilmente il nostro lancio lascerà estasiati gli altri pescatori. In parte perché sono lì per pescare e in noi vedono solo un concorrente e un maledetto cialtrone che rovina la loro zona di pesca. Il loro sguardo non è, per così dire, benevolo. In parte perché, anche se ci siamo allenati per tutto l'inverno sul prato, ci sarà sempre una roccia o un ramo, alle nostre spalle o sopra la testa, che nel prato non c'era. Poi c'è il vento, che ha la cattiva abitudine di utilizzare il letto del fiume come fosse un'autostrada e viaggia ad una velocità che, se ci sognassimo noi di raggiungerla sulla A1, la Stradale ci giustizierebbe sul posto, altro che ritiro della patente.

Poi ci sono i pesci, oltre che selettivi, anche diffidenti. Dovremo pescare in ginocchio, e lanciare così è più difficile. Giureremo a noi stessi che il prossimo inverno ci alleneremo solo in ginocchio o, al limite, da seduti (poi non lo faremo, perché se vuoi fare distanza devi stare in piedi, e fare distanza è l'unica cosa minimamente divertente del lancio su prato).

 

La pesca a mosca, nella vita reale, è un'attività piena di incognite e di piccole insidie e trappole che si frappongono fra noi e l'agognata cattura. La pesca a mosca è fatta di capacità di adattamento e di lettura dell'acqua. Nessuna situazione è mai identica ad un'altra. Nessuna schiusa è uguale a quella del giorno prima. Simile, forse. Mai identica. Perchè la pesca a mosca, alla fine, è questo: una serie ininterrotta di problemi da affrontare e risolvere. Come la matematica, in fin dei conti. Ma molto più divertente.


Estratto dell'articolo pubblicato su S&M n. 68

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