Di Sandro Soldarini* Fotografie di Stefano Giovanardi
*Autore del libro "La ninfa - Tecniche moderne e artificiali (lo trovate qui)
Complice un viaggio di lavoro e grazie all’invito dell’amico Michael, sono riuscito a coniugare mirabilmente dovere e piacere, ritagliandomi un intero week –end da dedicare ad una delle mie grandi passioni: la pesca dalla barca nelle magnifiche acque di due tra i laghi più famosi e pescosi dell’Irlanda meridionale, il Loch Leen e il Loch Carrag. Insieme ad un altrettanto entusiasta Stefano Giovanardi, partiamo alla volta dell’Irlanda, pregustando lo splendido fine settimana che ci attende.
La mia predilezione per questo tipo di pesca, mi ha portato a cimentarmi in ogni ambiente, dai reservoir inglesi ai selvaggi laghi Neozelandesi, ma, nella mia personale graduatoria, i laghi irlandesi rimangono saldamente sul gradino più alto del podio. L’approccio tecnico, più che la consistenza delle prede, determina questa mia scelta: pur amando la complessità della pesca nei laghi inglesi, dove in base al periodo, diverse tecniche di pesca hanno diritto di cittadinanza, di gran lunga superiore resta il fascino sprigionato dagli imprevedibili loch irlandesi o scozzesi, dove tutte le tecniche classiche da reservoir perdono efficacia e, anche nel caso del salmone, devono lasciare il posto al classico loch style, praticato con tre o quattro mosche sommerse.
Regina incontrastata di questi ambienti e preda per eccellenza è la brown trout, affiancata in quantità minori da sea trout e salmoni, così come incontrastate tra le esche, sono le classiche wet flies. Sembra, infatti, che in Irlanda il tempo si sia fermato e, banditi streamer, buzzer e ninfe, i pesci non desiderino altro se non wet flies, code galleggianti e, massima concessione in caso di vento molto forte, code intermedie lente. Non lasciatevi ingannare dall’apparente uniformità di questo approccio, che, in realtà, richiede una buona padronanza tecnica ed una elevata capacità di concentrazione.
Si pesca sempre dalla barca e sempre in drift libero, a differenza di quanto accade nei reservoir, dove, nel caso di forte vento, è molto utile il drogue (ancora galleggiante). In Irlanda, al contrario, questa pratica, oltre che deleteria può risultare pericolosa: niente di più facile che il drogue resti incastrato tra le grosse rocce affioranti, causando spiacevoli sorprese!
La tecnica vera e propria è molto semplice, si lancia in favore di vento e si recupera il nostro team di wet flies in modo più o meno veloce, adattandone il timing in base all’intensità del vento e conseguente scarroccio.
Ad una maggiore impetuosità del vento deve corrispondere una proporzionale rapidità del drift e, di conseguenza, un recupero altrettanto veloce, in modo da vivacizzare il movimento delle mosche e renderle adescanti nei confronti dei pesci.
In tanti anni di pratica ho imparato che è assolutamente deleterio cercare di lanciare lungo e che un singolo lancio di soli dieci metri risulta ben più efficace di diversi lanci a lunghe distanze. Trattandosi di una vera e propria pesca in caccia, con la barca in movimento, lanci corti e ripetuti di 10-12 metri ci aiuteranno a coprire molta più acqua rispetto a pochi e lunghi, accrescendo le possibilità di cattura. Punto focale della nostra azione di pesca è l'hang, ovvero una serie di gesti che ci permettono di far affiorare le mosche in prossimità dell'imbarcazione.
Se è vero che anche durante il recupero potranno verificarsi delle abboccate, che di solito si manifestano con una leggera trazione, oppure una bollata, il momento cruciale è proprio quello che coincide con l’hang, nelle immediate vicinanze dell’imbarcazione. Per eseguirlo correttamente, dovremo sollevare la canna durante il recupero quando la coda di topo sarà a circa tre metri dalla barca, facendo letteralmente strisciare la mosca di top dropper sulla superficie delle onde e prolungando questa azione fino a far affiorare anche la seconda mosca. Proprio in questi lunghi istanti si concentrano le abboccate più violente, alle quali dovremo rispondere con una ferrata leggermente differita per evitare di sfilare letteralmente la mosca dalla bocca del pesce!
Anche la durata dell'hang ha molta importanza: in generale, più l'acqua è fonda, più dovremo prolungare l’azione, ripetendo l’esecuzione con gli stessi tempi anche sulla mosca di mezzo, mentre per affrontare i fondali più bassi, spesso è sufficiente la sola mosca di top dropper.
L'attrezzatura sarà composta da una 10' per coda #6, meglio se molto leggera e ad azione parabolica abbinata ad una coda galleggiante, da sostituire con una intermedia solo in presenza di forte vento, in modo da garantire maggiore coesione all’intero sistema di lancio. La lunghezza del finale dovrà essere doppia rispetto a quella della canna, con le mosche distanziate di circa un metro e mezzo l'una dall'altra. Vista l’estensione del finale (circa sei metri, di cui tre per distribuire le mosche), un conico di circa 3 metri, al quale congiungere loop to loop il segmento di tre metri per le mosche, è la scelta più appropriata. Con la coda intermedia, invece, è più funzionale collegare direttamente le mosche alla coda utilizzando il filo diretto, sempre per una lunghezza di sei metri, componendo il finale partendo direttamente da un filo dello 0,20.
Contrariamente a quanto dettato dalla tradizione irlandese, che ammette unicamente il classico “maxima ultragreen”, preferisco utilizzare il fluorocarbon. Trattandosi di una pesca molto dinamica che non lascia il tempo al pesce di vedere il filo, i diametri per il tip sono dello 0,20-0,22. Tenete anche presente che l’impiego generoso di voluminose esche sommerse argina il problema delle parrucche e, ipotesi di non poco conto, non sarà improbabile “rischiare” di avere in canna un potente salmone. Altro elemento di importanza vitale è la lunghezza dei braccioli, che non dovrà mai essere inferiore ai venti/trenta centimetri, misura che permette di fare lavorare correttamente gli artificiali durante la fase dell’hang.
Un’ultima annotazione ambientale, prima di passare agli artificiali: più il lago è agitato da vivaci turbolenze, più consistenti saranno le nostre occasioni di cattura. Quindi, se arrivando in prossimità del lago, ci accoglie una splendida giornata di sole e calma piatta, sarà meglio dedicarci ad un altro hobby!
Le mosche
Per quanto riguarda gli artificiali, l'argomento si fa davvero ampio, e sono convinto che preparare una buona selezione di artificiali richieda un’esperienza almeno decennale. In mancanza di questo retaggio, il consiglio migliore è quello di prevedere una dotazione ben articolata per tipo e misura, limitando la quantità. Pescando dalla barca la perdita dell’artificiale è un evento piuttosto raro, quindi non sono necessarie grandi scorte: il criterio più razionale è quello di avere un massimo di tre artificiali per ogni tipo di dressig utilizzabile. La selezione delle wet flies irlandesi è molto vasta e comprende numerose varianti nate per rispondere alle esigenze di un preciso loch. Ciò detto, non è impossibile fare riferimento ad una attrezzatura standard che ben si adatti alla maggior parte delle acque. Ad esempio: una classica sooty olive su amo #14 in punta, alternata ad una una black pennel sempre sul #14; una variante molto popolare e catturante della bibio, la jungle bunny, su amo #14, nel gambo di mezzo; infine, come top dropper, premesso che sarà obbligatorio orientarsi su mosche molto voluminose ed in grado di pattinare sull’acqua durante l’hang, un bel claret bumble o una dabbler completano egregiamente la triade
Point Fly: SOOTY OLIVE (dressing irlandese)
Amo: #12 - #14
Coda: fagiano dorato tinto arancio fluo
Corpo: pelo di foca oliva
Rib: tinsel metallico oro
Hackle: gallo oliva scuro
Ala: bronze mallard
Point Fly: BLACK PENNEL VARIANT (dressing Sandro Soldarini)
Amo: #12 - #14
Coda: fagiano dorato tinto arancio fluo
Corpo: spectra dub peacock
Rib: tinsel metallico argento
Arsed: tinsel pearl
Hackle: gallo nero
Middle Dropper: JUNGLE BUNNY (dressing irlandese)
Amo: #12 - #14
Corpo: due terzi pelo di foca nero, un terzo pelo di foca rosso
Rib: tinsel metallico argento
Hackle: avvolta a palmer in gallo nero
Cheek: jungle cock
Top Dropper: OLIVE PARDO DABBLER (dressing Sandro Soldarini)
Amo: #10 - #12
Tag: floss rosso fluo
Coda: filanca arancio candido e fagiano dorato tinto red fluo
Corpo: spectra dub oliva
Rib: tinsel metallico argento
Hackle: palmer-gallo pipric olive
Ali: piuma di gallo pardo scuro girata
Cheek: jungle cock
Estratto dell'articolo pubblicato sul n. 67 di S&M
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