diamoci un taglio

Di Enrico Rossi      


Jassid
Jassid

E’ inutile negarlo: noi pescatori a mosca siamo capaci di rendere complicate anche le cose più semplici. Pur sapendo che le trote e i temoli prediligono imitazioni dall’aspetto spoglio ed essenziale, quando ci sediamo al morsetto non sappiamo resistere alla tentazione di rifornire gli scomparti delle nostre fly-box con modelli sempre più astrusi e complessi. Poi viene il momento di sottoporli al giudizio dei pesci, e solo allora, dopo esserci cimentati con sequenze di montaggio da esaurimento nervoso, ci rendiamo conto che i dressing troppo elaborati non comportano alcun beneficio in termini di catture. Far tesoro di questa lezione non significa mettere al bando la creatività, ma porla al servizio di un approccio pragmatico e minimalista volto a esaltare i caratteri distintivi dell’insetto che intendiamo imitare. Anche i grandi costruttori del passato furono maestri nell’arte di rinunciare a qualsiasi dettaglio o materiale superfluo, e non a caso le mosche che hanno fatto la storia del fly fishing presentano un denominatore comune: sono tanto geniali quanto semplici da realizzare, e la loro efficacia non è stata minimamente scalfita dal trascorrere del tempo. Tra i più autorevoli interpreti di quella che oggi potremmo definire la “corrente impressionista” del fly-tying spicca la figura di Vincent C. Marinaro, autore di testi fondamentali come “A Modern Dry-Fly Code” (1950) e “In the Ring of the Rise” (1976), nonché ideatore di artificiali di alto impatto innovativo come la Thorax e la Jassid. Credo che proprio quest’ultima - cui già il compianto Riccardo Somaruga aveva dedicato un articolo sul numero 42 di “Sedge & Mayfly” - sia stata l’intuizione più felice del grande costruttore italo-americano. Per realizzarla bastano trenta secondi, due piume d’uccello e un paio di precisi colpi di forbice. Dopo aver fissato il filo di montaggio, si avvolge a palmer sul gambo dell’amo un’hackle di gallo, poi la si rasa sia sopra che sotto, e per finire si applica una piuma di Jungle Cock a guisa di ali. In origine la Jassid fu concepita per imitare il Leafhopper, un minuto e variopinto terrestrial della famiglia delle Cicadellidae molto diffuso sui chalk-stream della Pennsylvania meridionale frequentati da Marinaro; ma posso garantirvi che si dimostra altrettanto efficace anche sui nostri fiumi, sia quando cadono in acqua dei piccoli terrestrial, che in occasione delle schiuse di Hydroptilidae, i micro-tricotteri che in certe sere d’estate monopolizzano l’attenzione di trote e timallidi.

Foto di gruppo degli artificiali proposti nell'articolo
Foto di gruppo degli artificiali proposti nell'articolo

Il primo a proporre sostanziali modifiche al dressing della Jassid fu il Prof. Ernest Schwiebert, che nelle pagine di “Trout” (1978), il suo magnum opus in due volumi dedicato al fly fishing, suggerisce di mutuarne la tecnica di montaggio per riprodurre un’ampia gamma d’invertebrati dalle ali piatte o a capanna. A ben vedere, infatti, variando la tonalità dell’hackle e sostituendo il Jungle Cock con piumaggi di provenienza e colore diverso è possibile imitare diverse specie di sedge e stonefly. Se fino ad allora molti s’illudevano che il segreto della Jassid fosse racchiuso nelle piume cheratinizzate che adornano l’esotica livrea del gallo della giungla, Schwiebert riuscì a dimostrare che i suoi veri punti di forza sono la silhouette e l’assetto in acqua. Per sostenere a galla l’artificiale bastano le poche barbe sopravvissute alla radicale tosatura dell’hackle, che oltre a svolgere la funzione di bilancieri laterali risultano pressoché indistinguibili dalle sottili ed eteree zampette di un insetto che deriva verso valle intrappolato nella pellicola superficiale. 

 Un'imitazione di Leuctra in stile Jassid
Un'imitazione di Leuctra in stile Jassid

Anche l’ala reclinata all’indietro svolge un’importante funzione strategica, poiché celando il gambo dell’amo rende del tutto superflua la presenza del corpo, il che contribuisce ad accentuare l’intrinseca propensione al galleggiamento del dressing.

 

Negli ultimi anni, prendendo spunto dall’esempio di Marinaro e dai suggerimenti di Schwiebert, ho realizzato svariati artificiali in stile Jassid, e alcuni di essi sono ormai entrati a far parte in pianta stabile del mio repertorio. Tra i modelli che hanno ricevuto l’incondizionata approvazione dei pesci figurano le imitazioni di stonefly di media e piccola taglia, per le quali è sufficiente sostituire la piuma di Jungle Cock con una coppia di biot di tacchino, che vanno fissati sul dorso dell’amo rivolgendoli all’indietro in posizione lievemente estroflessa. Il dressing di cui in queste pagine vi propongo la sequenza di montaggio è dedicato alle sgargianti Isoperla grammatica, ma basta ridurre la taglia dell’amo e variare il colore delle ali perché si trasformi in una perfetta replica dei piccoli plecotteri del genere Leuctra; mentre impiegando una piuma del petto di fagiano si ottiene la Cutaway Caddis, una frugale e impalpabile imitazione di tricottero adulto.

Baetis Dun con le hackle rasate
Baetis Dun con le hackle rasate

Volendo esplorare sino in fondo le potenzialità di questa versatile metodologia costruttiva, ho provato a “dare un taglio” anche alle effimere, realizzando una Baetis Dun con le hackle avvolte attorno al torace e poi rasate di netto per vie orizzontali. Sul piano estetico il risultato cui sono pervenuto non ha più nulla a che spartire con la Jassid di Marinaro, ma a livello funzionale la mosca ha tratto notevoli benefici dalla drastica riduzione delle strutture di galleggiamento. Le poche barbe scampate alle forbici, disponendosi a centottanta gradi rispetto all’asse del corpo, imitano con sorprendente realismo le zampe dell’insetto e assicurano il perfetto equilibrio in acqua dell’artificiale, che si adagia piatto sul filo della corrente con le ali erette e le code divaricate, aspettando solo di essere risucchiato nel gorgo di una bollata.


Isoperla grammatica: come costruirla

Amo:                               # 14/16

Filo:                                 Giallo

Ali:                                   Biot di tacchino tinto di giallo

 

Zampe:                          Hackle di gallo grizzly

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Articolo pubblicato sul n. 66 di S&M